La felicità dipende solo da te

Silvio Esposito, gennaio 2025

Un ragazzino camminava ramengo per i vicoli di un borgo assolato con le mani in tasca e la testa china. Il poverino ce l’aveva con il mondo intero e per questo tirava calci a tutto ciò che trovava sul suo cammino. Così, tra i tanti oggetti lasciati in terra all’abbandono, ne colpì uno assai strano: non era la classica lattina vuota o il solito pacchetto di sigarette accartocciato e si chinò per capire cosa fosse.
L’oggetto calciato era una lampada a olio sporca e ammaccata. Qualcuno l’aveva buttata via forse perché non faceva più il suo dovere, pensò il ragazzino dubbioso. Ma ne rimase affascinato e, dopo averla presa tra le mani, la rigirò più volte per capire se poteva essere ancora utilizzata.
Il gesto fece sì che un po’ dello sporco che la affliggeva venne via e con stupore e meraviglia si rese conto che era d’oro massiccio. Non aveva dubbi in merito, in quanto non si era deteriorata e nemmeno arrugginita. Pertanto se ne stava a bocca aperta incredulo di essere stato tanto fortunato.
Ripresosi dalla sorpresa, il ragazzino si guardò intorno con fare circospetto, per capire se qualche curioso avesse assistito al ritrovamento. Per fortuna non c’era anima viva nei paraggi: a parte un cane randagio che rovistava tra la spazzatura in cerca di qualcosa di buono da mangiare. A quel punto sorrise e, celata la lampada d’oro sotto il giubbotto, scappò via a gambe levate con il bottino.
Raggiunto un luogo sicuro e appartato, il ragazzino tirò fuori la lampada e, al guardarla meglio, ricordò che da bambino gli avevano narrato la favola di un certo Aladino e di un Genio che viveva all’interno di una lampada molto simile a quella che lui aveva trovato. Però aveva le mani sudaticce per colpa del caldo e dell’emozione e, preso il fazzoletto dalla tasca dei pantaloni, con quello iniziò a strofinare la lampada proprio come ricordava gli aveva detto la narratrice facesse Aladino per fare apparire il Genio.
Anche se non credeva essere vera la favola, il ragazzino continuò a sciorinare e, a furia di farlo con lena, come per incanto dal beccuccio della lampada iniziò a fuoruscire una nebbiolina di un azzurro intenso e, dopo essersi espansa per un po’, prese a diradarsi e al suo posto apparve un essere gigantesco dalla pelle nera come la notte più buia.
Incredulo, il ragazzino si diceva che quell’essere gigantesco doveva essere per forza il famoso Genio di Aladino. Tuttavia non era sicuro che lo fosse per davvero e averne conferma l’unica era chiederlo al diretto interessato. Tuttavia non riuscì a proferire una sola parola, era ancora scosso dall’apparizione di lui.
Nel frattempo il Genio lo guardava severo in volto su cui spiccavano quei suoi grandi e imperscrutabili occhi blu. E, visto che il ragazzino non parlava, con una voce roboante lo fece al suo posto: «Salute a te, mio signore. Innanzitutto grazie per aver lucidato la mia dimora con il riportarla al suo antico fulgore e non solo per questo, ora posso infine respirare un po’ d’aria fresca. Da secoli non uscivo da questa dimora e io, il Genio della lampada, per ricompensarti esaudirò un tuo desiderio in un batter di ciglia.»
Il giovane ricordava che i desideri nella favola erano tre, ma questo Genio gli aveva detto che ne avrebbe esaudito soltanto uno, perciò prima di esprimerlo ci pensò su un bel po’. Un’idea ce l’aveva, ma cercava le parole giuste per non sbagliare e, una volta trovate, le espresse sicuro di sé: «Genio! Quello che desidero da te è presto detto, voglio che tutto ciò che mi rende infelice non faccia più parte della mia vita. Null’altro desidero.»
Il genio guardò il giovane con compassione e poi con la sua voce possente diede al ragazzino ciò che voleva: «Come tu vuoi, mio signore» quindi schioccò le dita per poi finire: «fatto, il tuo desiderio è stato esaudito.»
L’istante successivo il ragazzino svanì nel nulla e di lui restò solo qualche granello di polvere che per un po’ vorticò nell’aria e infine si adagiò al suolo e sparire nel nulla.
La lampada a quel punto cadde in terra e al Genio non restò che rientrare e sperare che il prossimo a trovare la lampada fosse più scaltro.

Immagine di freepik</a>

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