Autoritratti di Tommaso Spazzini Villa

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Silvana D’Angelo

A prima vista può sembrare un normale libro cartaceo; magari potrebbe essere considerato un
Libro d’Artista, cioè “un libro seguito direttamente dall’artista in ogni sua fase ed elemento, dalla
progettazione alla realizzazione materiale” (Accademia di Belle Arti – Venezia). Per me si tratta
una creazione artistica complessa, in cui sono coinvolte varie Muse.
Alla base c’è un progetto, una regia, ci sono degli attori, c’è una scenografia particolare. È costituito da due testi sovrapposti; anche lo spazio tra le parole ha un senso e ci sono tanti autori; è un’esperienza psicologica e sociale. Questo libro è un oggetto che va anche guardato, non è una mera sequenza di parole organizzate in frasi; sono le parole grandi di un’opera epica, che nasce nel mito, prese a prestito per esprimere una delle esperienze più crudeli per l’uomo: la perdita della libertà.
Nel 2018 Tommaso Spazzini Villa coinvolge oltre 361 detenuti di diverse carceri italiane, affidando ad ognuno di loro una singola pagina diversa, presa da una copia dell’Odissea di Omero (nella traduzione di Rosa Calzecchi Onesti) e chiedendo, a chi avesse voluto, di sottolineare
alcune parole all’interno del testo per ricavarne una o più frasi di senso compiuto. Ognuno degli “attori” (le detenute e i detenuti) è stato invitato a scegliere ed evidenziare parole nella pagina, in modo da raccontare una breve storia o una riflessione, rappresentative del sentire del momento, dello stato d’animo del detenuto. Si tratta in sostanza di brevi componimenti poetici, autentici frammenti di vita. Alcune frasi sono brevi, descrivono anche provocatoriamente disagi
fondamentali (es.: “vogliamo il pranzo subito!!!”); altre sono piccoli, significativi componimenti che raccontano un vissuto molto intimo e complesso. Tutto doveva essere reperito nella singola pagina che gli Autori hanno avuto a disposizione. E ciò la dice lunga sulla densità di ogni parola, di ogni punteggiatura del testo omerico. Una volta terminato il progetto, le pagine sono state poi
riassemblate nell’ordine (comprese quelle di chi non ha voluto compiere quest’atto – e che silenzio è questo!) e ne nasce questo volume: la copia integrale dell’Odissea, ricomposta ma arricchita da tanti pregevoli racconti di persone che danno voce all’inconscio e al vissuto
personale, nel loro viaggio attraverso la condizione di privazione e limitazione della libertà.
Il metodo è di fatto un “Caviardage®”, che mira a tirar fuori da un testo una frase significativa, a partire da una pagina già scritta, utilizzandone le parole stampate. La pagina cartacea è l’elemento base dell’atto creativo, le parole superflue vengono oscurate (in alcuni casi da tratti grafici o disegni) o semplicemente (come in questo caso) evidenziate.
L’inventore originario del metodo è Tom Phillips, artista degli anni ‘60 del Novecento ispirato al Dadaismo. Per ottenere la sua opera Phillips acquistò un romanzo in una libreria di testi usati e lo trasformò,
pagina per pagina, in un’opera letterario-figurativa. In Italia il metodo Caviardage® è stato registrato dall’artista Tina Festa, che lo utilizza in vari laboratori didattici e di scrittura creativa. Tutti noi che ci siamo immedesimati in Ulisse e nei suoi compagni, in questo viaggio in un
mare che sembra non avere mai fine, e in balia di capricciosi Dèi, alla ricerca di sé e dei propri
limiti, con questo libro in mano siamo attirati dalle voci a volte scomode di sirene, a volte di persone percepite come “mostri”; persone che normalmente preferiamo non guardare. Non è un libro da leggere, è un libro da toccare con mano. Per affrontarlo non basta l’atto mentale della
lettura, né il canale diretto con le proprie emozioni: bisogna dare spazio al dolore degli altri, non
personaggi ma persone vive, prive di libertà. Per “con-prenderlo” occorre manipolarlo, guardarlo e farlo penetrare dagli occhi fino al cuore: la mente logica può pure andarsene per un po’ da un’altra parte. (E non è questo, dopo tutto, leggere?)

Editore: Quodlibet editore

368 pagine

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