Un’immagine, un racconto

“Un libro inizia con un’immagine. Vedo un’immagine con gli
occhi della mente e poi cerco di raccontare ciò che vedo”

(Orhan Pamuk – Istanbul: ricordi di una città)

Incubo, dipinto di Johann Heinrich Füssli

L’incubo è un dipinto a olio su tela di Johann Heinrich Füssli, realizzato nel 1781 e conservato al Detroit Institute of Arts, negli Stati Uniti d’America.

Monica, agosto 2024

DESTINO INFAME

Che destino infame! Da tutti odiato, da tutti maledetto.

Il mio aspetto è già da solo una condanna e come se non bastasse ho l’infame compito di rendere il sonno degli uomini inquieto e agitato.

Ogni notte mi indicano da chi mi devo presentare, a chi devo disturbare il riposo. Ed io, pur non volendo, non ho scelta, monto sul mio fido cavallo e vado. Uomini, donne e, povero me, anche bambini innocenti. Vado e passando dal naso entro nella mente dei malcapitati.
Quasi sempre senza difficoltà, trovo un motivo, magari un banalissimo motivo, a cui aggrapparmi per rendere loro la notte impossibile.

Qualcuno potrebbe pensare che io mi diverta. Conoscere la mente degli esseri umani, smuovere la loro coscienza, giocare con le loro paure. Ma non è così. È stato interessante le prime volte, forse. Entrare nella mente e cercare il dolore, la paura, il male, ma la verità è che tutti, che siano buoni o cattivi, giovani o vecchi, ricchi o poveri, hanno le stesse paure, gli stessi sensi di colpa, gli stessi dolori.

Una sola eccezione, ricordo. Una notte in cui mi dissero vai da lei e svolgi il tuo compito. Troverai nella sua mente tanto di quel dolore e tanta di quella paura che il tuo lavoro sarà facilissimo.

Andai e mi trovai davanti una giovanissima fanciulla. Giaceva su un comodo letto di legno intarsiato. Era ricca, dunque. La camicia da notte era di una seta preziosa e avvolgeva il suo corpo abbandonato in un sonno ancora quieto. Il suo respiro era calmo ed io prima di entrare nella sua mente, disubbidii e mi fermai a guardarla. Guardai ammaliato il suo sonno sereno. Quale male avrei mai potuto trovare dentro di lei? Chi avrebbe potuto ferire un animo così puro? Quale era la sua paura?

Alla fine, come mi era stato ordinato, entrai e dal suo naso arrivai alla sua mente.

Indescrivibile quello che trovai. Non paura e dolore, ma un groviglio maleodorante di odio e crudeltà. Come poteva giacere in un sonno così pacato, macchinando orribili torture per quelli che avevano la malasorte di vivere accanto a lei?

Per il giorno successivo aveva previsto una ricca cena nella quale si sarebbe cibata del cuore del suo ultimo amante. Nella sua mente già godeva per gli occhi supplichevoli del malcapitato che implorava di non essere ucciso, godeva dell’orrore dei suoi cuochi che avrebbero dovuto cucinare carne umana e godeva immaginando il disgusto dei servitori che le avrebbero portato la ripugnante pietanza.

Ed ora toccava a me. Non avevo il potere di dissuadere la fanciulla dal suo crudele progetto, ma potevo farle sentire tutto il dolore ed il disgusto che avrebbe generato negli altri. 

Così feci e le sue notti, da allora, divennero senza pace. Gli incubi notturni però la facevano diventare ancora più spietata. Le notti agitate rendevano le sue giornate più feroci.

Allora compresi: la giovane fanciulla era il male del mondo ed io, pur non volendo, ogni notte nutrivo il suo furore e la sua crudeltà. Come accadde a chi mi aveva preceduto, decisi allora di non disturbare più il suo sonno: lei tornò alle sue quiete notti e l’umanità al suo solito dolore.

A questo compito ero stato destinato. Che destino infame! Da tutti odiato, da tutti maledetto.

L’incubo è un dipinto a olio su tela di Johann Heinrich Füssli, realizzato nel 1781 e conservato al Detroit Institute of Arts, negli Stati Uniti d’America.

Silvana D’Angelo, agosto 2024

ANNIENTAMENTO

Era finita. Aveva lottato per anni, come una madre che difende i suoi cuccioli, per rendere unico il loro rapporto. Si era analizzata fin nel profondo, macerata nei sensi di colpa; aveva stanato e affrontato tutte le fiere che vivevano nel suo subconscio fin da quando era piccola.
Aveva spuntato le sue ali di piume per rimanere al suo livello; si era lanciata con le sue ali di cera per salire al suo livello.
Avevano avuto un inizio lieve, gioioso, senza patemi; senza domani ma con tutta la vita davanti. All’inizio piccole gite sulla moto, ogni volta su ciascuna delle vie consolari prese a caso, ondeggiando fra dolci colline argillose o su strade serpeggianti lungo le forre di un altopiano di tufo. La loro prima estate, conclusasi con una separazione di un mese perché “…sai, era un viaggio già organizzato con la mia amica: io e lei da sole fino in Spagna con la sua 126 rossa…”.
Lui le aveva manifestato il più sincero rispetto per la sua libertà. Addirittura, le aveva prestato la sua preziosa reflex per fissare il viaggio con l’amica, nella pellicola in bianco e nero che al ritorno le avrebbe insegnato a sviluppare e stampare; cosa che era il suo principale hobby, in cui era anche bravino. Prestarle la sua macchina fotografica era stato un tale gesto d’amore che l’aveva commossa alle lacrime e le aveva fatto presagire il potente rapporto che avrebbe trovato al suo ritorno, per gli inverni e le stagioni a venire.
E infatti le stagioni erano volate via, scorrendo come un fresco e limpido ruscello di montagna; le montagne che lui, profondo conoscitore, le aveva a poco a poco svelato. Lei gli aveva portato gli amici. Non che fosse una tipa estroversa, però le piaceva osservare e conoscere in profondità le persone e quindi era molto amata. Trovare un piccolo appartamento “ad equo canone” e andare a vivere insieme (però con i libri rigorosamente separati), poi decidere di “mettere in comune i rispettivi rotoli di scotch” e quindi sposarsi, per far conoscere alla società quest’ultimo importante passo, fu la naturale evoluzione.
Infine, la scoperta del domani, con la nascita delle due figlie.
Lei da bambina non avrebbe mai creduto di vivere tutto ciò. Era stato grazie a lui se si era sollevata dalla palude di depressione con la quale era impastata dalla nascita. Lui era stato il suo aquilone e lei aveva lottato contro i suoi stessi demoni per potergli stare a fianco.
Lui no.
Lui aveva continuato a vivere alla giornata, ad andare, trascinato dalla corrente della vita, finché tutto questo correre a briglia sciolta aveva cominciato a fargli paura. La sua vita si era piano piano ristretta, come confinata su una barca che lui pensava di governare, isolandosi sempre più. Senza accorgersi che alla fine era solo lei, fra tutt’e due, ad alimentare quel flusso acquatico di energia.
Lui non aveva realizzato che per tenere le mani salde sul timone l’aveva estromessa. Si sentiva minacciato da tutti, anche da lei che, alla fine di tutto quel lavorio interiore, era diventata più libera nella mente, più forte di lui, anche se confinata nella barchetta.
Ormai era lui contro il resto del mondo…e nel resto del mondo c’era finita anche lei.
Lui, nel suo delirio di onnipotenza, di controllo, alla fine l’aveva prosciugata di tutte le energie. L’aveva rinchiusa in una stanza di museo, fra pesanti tendaggi di velluto rosso ad isolarla dal resto del mondo, con la sua rabbia a gravare come un mostro sulla delicata vita di lei e il cavallo imbizzarrito della sua follia a controllare che non riuscisse più a risollevarsi.
La bestia villosa, quella rabbia che lui non riusciva a governare, la teneva ora inchiodata al letto. Le impediva di raggiungere le poche cose che avrebbero potuto salvarla: un libro per la mente, una fiala per curarsi ed uno specchio per ritrovare sé stessa.

L’incubo è un dipinto a olio su tela di Johann Heinrich Füssli, realizzato nel 1781 e conservato al Detroit Institute of Arts, negli Stati Uniti d’America.

Cristina, agosto 2024

IL CAVALLO DAGLI OCCHI DI CRISTALLO

Era stata una lotta senza esclusione di colpi, violenta e terribile, tra due delle più crudeli divinità del mondo iperuranico. Abbiar era un essere mostruoso, un nano deforme che, oltre a una forza straordinaria, emanava un tale fetore da stordire chi gli si avvicinasse troppo. Correna aveva le sembianze di una bellissima donna, ma il suo sguardo era letale e sgusciava tra le mani come una biscia, animale che l’aveva generata. La lotta furiosa era nata per la conquista di Vandette, il cavallo dagli occhi di cristallo, l’essere più ambito degli spazi infiniti. Il suo possesso garantiva il potere assoluto, ma era difficile catturarlo perché, creatura timida e introversa, si spostava continuamente da un mondo all’altro, nascondendosi in luoghi isolati e difficilmente raggiungibili. Abbiar e Correna, ognuno impegnato nei propri equivoci affari, si trovavano a passare sopra il pianeta Terra nel momento esatto in cui Vandette emise un flebile ma inconfondibile nitrito. Ciascuno di loro lasciò la sua sinistra attività e si diresse velocemente verso il luogo da cui aveva sentito provenire il suono. Era un antico castello abbandonato in riva al mare dove Vandette aveva trovato temporaneo rifugio, nascondendosi in una delle sue mille stanze. I due esseri malvagi si riconobbero a distanza e si lanciarono l’uno contro l’altro in una lotta mortale che dall’esterno del castello si spostò all’interno, portando ovunque distruzione. Correna cercava di uccidere Abbiar trafiggendolo con lo sguardo, mentre sgusciava velocemente dalla sua forte presa: un minuto di troppo accanto al suo avversario sarebbe stato fatale. Abbiar, evitando gli occhi di lei, si sforzava di trattenere la sinuosa avversaria per stordirla con il suo fetore. Il combattimento durò per un tempo interminabile, finché Correna, rimasta troppo a lungo accanto al suo nemico, cadde svenuta. Il malefico nano, in segno di vittoria si sedette sul suo corpo abbandonato, pregustando la fine che le avrebbe destinato.

Entrambi nel loro furore selvaggio si erano scordati di Vandette che osservò spaventato il terribile scontro e fuggì via, nascondendosi in un altro mondo.

L’incubo è un dipinto a olio su tela di Johann Heinrich Füssli, realizzato nel 1781 e conservato al Detroit Institute of Arts, negli Stati Uniti d’America.

Luca Vitali, settembre 2024

AI CONFINI DELL’ORRORE. VISIONI DA INCUBO

Johann H. Füssli -Lettera a Johann K. Lavater – aprile 1780

… sono stato incantato, soggiogato da tua nipote Anna, che è stata durante il mio soggiorno a Zurigo una presenza gentile e un’affascinante compagna di conversazioni. Ti ringrazio di avermi dato la possibilità di conoscere una perla così preziosa e rara. Mi propongo di approfondire la sua conoscenza a Londra, dove entrambi saremo tra qualche settimana.
tuo sempre devoto Henry

J. H. Füssli – a Lavater – giugno 1780

… ho avuto modo di incontrare Anna nel salotto della duchessa Stanhope, dove ha colpito tutti i presenti per la sua grazia e l’affabilità del conversare. Debbo confessarti che ero talmente preso dalla sua presenza che sono rimasto senza parole per l’intera serata, istupidito e quasi ipnotizzato…

J. H. Füssli – a Lavater – luglio 1780

… caro amico, la passione per Anna ha ormai sconvolto i miei sogni. La notte scorsa l’avevo nel mio letto – gettai via nel disordine le coperte – avvolsi intorno a lei le mie mani calde e strettamente serrate – fusi il suo corpo e la sua anima con i miei – versai in lei il mio spirito, il mio respiro, la mia forza. – chiunque ora la tocchi commette incesto e adulterio! E’ mia e io sono suo. E l’avrò – faticherò e suderò per lei – e starò solo fin quando l’avrò conquistata.
E dunque, carissimo Johann, sii il primo a saperlo: domani mi prostrerò davanti ai suoi incantevoli piedini e la chiederò in sposa. …

J. H. Füssli – a Lavater – settembre 1780

… sappi che sono disperato. E infuriato. E inferocito. Tua nipote Anna, dopo avere seccamente rifiutato la sera del 2 agosto la mia proposta amorosa, a distanza di sole tre settimane (24 giorni, per l’esattezza) decise di fissare per il prossimo ottobre le nozze con lord Joaquim Figueroa, figlio adottivo del visconte di Bragelonne. Quale insulto può essere più grave e inaccettabile per un amante così ferocemente tradito.
Caro amico, a te che sei stato fedele testimone dei miei recenti turbamenti amorosi, confido un segreto. Il giorno dopo l’infausta notizia, ho girato la tela sulla quale ero intento a rappresentare il suo angelico volto, e ho cominciato a visualizzare una scena che rispecchi fedelmente l’incubo nel quale mi sono trovato coinvolto e che mi tormenta giorno e notte. Ci saranno le tenebre del mistero, naturalmente, ci sarà lord Joaquim, piccolo mostro che afferma il suo potere sul meraviglioso corpo di Anna e mi sfida con lo sguardo sprezzante. Vorrei trovare uno spazio anche per una creatura demoniaca che assiste alla scena, ma questo è un particolare che devo ancora approfondire…

Mary Shelley – lettera a Thomas Love Peacock – ottobre 1816

… Quel quadro di Fussli mi ha suggerito delle connessioni visive con il racconto “Frankenstein” a cui sto lavorando intensamente. Anche il mio Frankenstein rappresenta un’incarnazione delle paure del protagonista e del suo creatore, e riflette il senso di minaccia imminente che si percepisce nel dipinto.
Nell’”Incubo”, secondo me, c’è la rappresentazione visiva delle paure inconsce, e questo è un tema che io voglio esplorare attraverso i sogni e le angosce del personaggio di Victor.
Mi piace immensamente il senso della minaccia imminente che si percepisce nel dipinto, quella presenza di una vita che sfugge al controllo, ai confini dell’orrore.
Spero di riuscire a trovare nel mio libro le stesse atmosfere demoniache.
Infine, se tu potessi inviarci in prestito altre duemila ghinee, oltre a quelle che generosamente ci hai concesso nei mesi recenti, io e Percy te ne saremmo eternamente grati. …

Jean Starobinski – lettera a Georges Poulet – novembre 1964

… e per terminare, caro Georges, ti invio una copia del mio ultimo lavoro, Tre furori, tre classici casi di ottenebramento da un punto di vista freudiano. Non è necessario che tu perda il tuo tempo sull’ultimo, The nightmare, di Fuseli, che è visibilmente banale nel suo impianto figurativo. Quell’apertura delle tende nel buio dello sfondo, e ancor di più la forma del muso del cavallo sono evidentissimi richiami sia agli organi sessuali sia al momento dell’amplesso. Il cavallo è chiaramente un simbolo della figura paterna con cui la fanciulla desidererebbe congiungersi incestuosamente, mentre il suo desiderio proibito si concretizza proprio a livello del petto, nel punto in cui il mostriciattolo grava. Interpretazioni banali che il nostro amato Sigmund avrebbe decifrato con un semplice colpo d’occhio.
Tuo devotissimo
Jean

Woody Allen – lettera a Diane Keaton – ottobre 1979

A Detroit, su indicazione del mio strizzacervelli, sono andato a vedere ‘L’Incubo’ di Füssli. Mah.
Mi ha fatto venire in mente quella volta in cui ho deciso di mangiare una pizza ai peperoni prima di andare a letto.
Ecco, hai mangiato i peperoni? Allora la tua mente ti punisce con un demone cavallo, il simbolo perfetto delle cattive decisioni alimentari.
C’è chi parla di profondi significati psicoanalitici e del subconscio, ma io vedo solo il risultato di una serata troppo pesante… e magari anche il senso di colpa di non aver chiamato la mamma quel giorno.
Fammi sapere quando hai finito di leggere quella sceneggiatura.
Woody

L’incubo è un dipinto a olio su tela di Johann Heinrich Füssli, realizzato nel 1781 e conservato al Detroit Institute of Arts, negli Stati Uniti d’America.

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