Un racconto scritto a più mani.

Un racconto lungo, anzi lunghissimo

Abbiamo rubato l’incipit di un grande scrittore ed ora… continuate Voi

«Vorrei tanto che un uomo, un uomo solo mi capisse. E desidererei che quell’uomo fosse lei» (Lettera al mio giudice)

Georges Simenon

È molto difficile da spiegare a chi, come lei, passa le sue estati in spiaggia sotto qualche ombrellone arroventato.
Quando io mi aggancio alla prima staffa della ferrata del Sas Rigais, il metallo è ruvido e
gelido al tatto. La montagna è viva, ogni roccia sembra raccontare storie di tempeste e ostacoli insuperabili, di sfide superate e cadute temute. E proprio quando tu pensi di
essere in controllo, la scalata si rivela in tutta la sua complessità.
Un passaggio stretto si fa strada tra due rocce aguzze e mi costringe a infilarmi su uno
sperone impietoso. Respiro profondamente.
Privo di appigli, si presenta un tratto di roccia liscia. I muscoli si tendono, cerco una presa, una qualsiasi, ma le mani scivolano. Devo concentrarmi, pensare strategicamente. Un rumore sordo mi colpisce: un piccolo sasso si stacca poco sopra di me, rotolando nel vuoto. Sento l’adrenalina che scorre nelle vene, cerco di rimanere calmo e mi concentro sul respiro: lento e profondo, lento e profondo, fino a che il cuore ritorna a battere in modo regolare.
È in quel momento che…

Luca

Immagine da Freepik

… mi scorre davanti agli occhi tutta la vita. I miei genitori, mio fratello, il mio amico Ludovico che condivide con me la passione per questa montagna così dura e ostile. Poi Elisa.

Elisa, quella sera tornando a casa, avrebbe saputo che io ero…  chissà.
La mattina non voleva che io mi avventurassi da solo. Ma l’ho rassicurata: quante volte sono salito quassù, quante volte tornando le ho raccontato di che emozione provo nel raggiungere quelle cime, di come il sudore e l’impegno necessari per affrontare la montagna mi rendono forte.

Quella volta, però, era la montagna che stava vincendo. Non provavo rabbia o rimpianti, sapevo che è un’avversaria dura, che è facile cadere nelle sue trappole. Ma quando il ritmo del mio cuore è tornato normale ho capito che dovevo e potevo sopravvivere.
Mi capisce? Non potevo restare lì immobile ancora per molto e l’alternativa era lasciare la presa o cercare una soluzione …

Monica

Immagine da Freepik

Perché questa volta non c’ero venuto da solo. Non le avevo davvero mentito quanto piuttosto omesso un particolare, seppure non del tutto trascurabile.

E allora, a maggior ragione, non è che avessi grandi alternative: o lei o io o entrambi. Ed entrambi mi sembrava decisamente troppo. E riconosco di averci pensato su ma mica poi tanto: io volevo vivere. E ora voi mi dite che avevate localizzato la nostra posizione grazie al segnale GPS che la mia compagna aveva prontamente attivato. Ma a me non ha detto di averlo fatto. Tremava come una foglia e mugolava dal terrore.

Non gliene faccio una colpa, no di certo, ma non faceva nulla per aiutarmi. Eppure non era una novellina. Io parlavo e lei non rispondeva. Non recepiva i miei suggerimenti, i miei sempre più accorati consigli.

Giudice cosa avrebbe fatto al posto mio? E poi se Elisa avesse saputo che ero venuto sin quassù con un’altra e non con lei come l’avrebbe presa? Forse, in definitiva, potevo ancora cavarmela…

Giuseppe Pugliese

Immagine da Freepik

Ho chiuso gli occhi e ho tagliato la corda. Non c’è stato nessun rumore, non un urlo, non lo sfregare di abiti sulla parete rocciosa, non il suono lontano di una caduta. In quel momento mi sono sentito leggero e ho ricominciato a salire con una frenesia furiosa, ferendomi senza provare dolore, forte come non ero stato mai. Ho raggiunto lo sperone dove mi hanno trovato svenuto. In quella salita forsennata ero felice e mi è capitato in seguito di pensare come sarebbe bello se nella vita a comando si potesse tagliare tutto e ricominciare. Io avrei tagliato il lavoro monotono, l’amore sbiadito di Elisa, la compagnia ormai scontata di amici noiosi,  la passione falsa per Giovanna… Ho tagliato solo lei.

Cristina

Immagine da Freepik

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