Mi sfugge
Giuseppe Pugliese, luglio 2024
Mi sfugge. La palla viscida scivola via rotolando lemme lemme in fondo al sacco.
Sono sommerso da urla, fischi e improperi. L’arbitro annulla tra mille proteste e mi salva: colpo di testa in fuorigioco. Sebbene dubbio. Resta la figuraccia. Forse gli altri dimenticheranno in fretta ma io no, me la porterò dietro per un bel pezzo assieme alle mie altre, tante, incertezze.
“Stava andando fuori, ma perché cazzo volevi prenderla?” mi chiede adirato uno dei terzini. Taccio, chino il capo, faccio un mezzo gesto di scusa. In effetti non l’avevo neppure solennemente battezzata “MIA!” come fanno quelli bravi, perché mi sembra sempre una affermazione egoistica, troppo presuntuosa, poco rispettosa dei valori di quello che è uno dei giochi più democratici del mondo.
La rotondtà stessa della sfera ne suggerisce un continuo movimento, un continuo passar di campo che consenta a tutti, a chi più a chi meno, di dire la propria; di sentirsi partecipi, di contribuire ad elaborare direttamente e concretamente il divenire della partita.
Alla fine del primo tempo mantengo un profilo basso nello spogliatoio. Resto in silenzio mentre gli altri urlano e si suggeriscono a vicenda cambiamenti perché porca miseria questa dobbiamo proprio vincerla!
L’allenatore più che altro cerca di gestire la situazione, ma la sua opinione ha un peso specifico pari a zero, qui si gareggia a bassi livelli: di che tattica o schema vuoi parlare? Durante gli allenamenti glielo lasciamo fare di tanto in tanto per dargli soddisfazione, ma poi in campo ci si va noi e si decide lì per lì il da farsi.
Per una mezz’ora attacchiamo a testa bassa e finalmente, meritatamente, segniamo.
Poi quegli altri, perso per perso, negli ultimi minuti ci chiudono in area e un netto fallo di mano, seppure involontario, determina un improvvido rigore a loro favore.
E ci mancava solo questa…
I miei compagni mi guardano tutti estremamente preoccupati. In tutta la mia carriera ne avrò parati tre o quattro al massimo. Si aggrappano mentalmente alle statistiche, si appellano alla cabala o, più sensatamente, invocano tutti i santi affinché mi aiutino nell’impresa.
“Che Zoff me la mandi buona” penso tuffandomi a destra e sfiorandola quel tanto che basta per mandarla sul palo e poi vederla calciare lontano dal mio capitano (Oh capitano!).
Al triplice fischio mi abbracciano tutti, sono diventato l’eroe della partita. E io sì, sono contento per carità, ma diciamoci la verità, tutta la verità: rigore parato = rigore sbagliato.
E non lo dico mica solo io… sono le leggi non scritte del calcio e non ci si scherza. Non la si può negare l’evidenza.
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