Aho
Giuseppe Pugliese, dicembre 2024
“Ahò ma che stai a di? Nun so mica scemo io, sono diversamente intelligente io”.
“Se se … famo solo diversamente va…”
“Okkei vabbè, daje!” e ridono di gusto.
Poi si siedono e uno di loro si avventa su un pacchetto di patatine come se non ci fosse un domani. Nemmeno fa il gesto di offrirne una all’altro. Che non si offende.
E riprende: “Aho domani c’ho a verifica de storia”.
” Ah… e che glie racconti?”
“Boh… stasera me leggo un capitolo toh, forse anche due e ce provo. Tanto si no me mette tre, magari un quattro o’ rimedio”.
“Si si, attento a non prende cinque però sennò te rovina a media”.
“Ahahahahah” e si scompisciano di nuovo.
Comunque si vede che sono stanchi e che non sono cattivi, sono solo due fessacchiotti. Si stravaccano sulla panchina ma fa freddo pure al sole e allora dopo poco si ricompongono.
“Che la stamo a infastidì?” mi fa uno dei due.
“Ma no, macché ragazzi, anzi… mi divertite. Sono stato giovane pure io un tempo sapete? anche se ora non si vede più…”.
“Ahmbé ce scusi eh… sta cazzo de scola… du palle! Ma ai tempi suoi com’era?”
“Du palle uguale”.
“Ahahahahah… ma allora lei è dei nostri!”
“Guardi noi ce se va pure, ma proprio nun ce scende giù. So ore buttate. Manco na figa avemo in classe per rifarse almeno un po’ gli occhi. So tutte dei cessi che nun te dico”.
“Ma voi pensate che ai tempi miei le classi erano proprio separate, manco di brutte ce ne erano”.
“No dai, ma nun ce credo… pe davero?”
“Eh si, perché dovrei dirvi una fesseria? Poi sai all’istituto tecnico comunque non si iscrivevano neppure”.
“Mannaggi a li pescetti…E che facevate?”
“Beh un po’ si studiava, anche perché all’epoca col diploma poi il lavoro si trovava. E poi se no mio padre me le suonava di santa ragione”.
“Nooooo, a me mi padre nun ce prova manco… Che poi quando torna dal lavoro poraccio, se fa na doccia, mangia na cosetta e se stravacca sul divano davanti alla tv… giusto la domenica du chiacchiere su la Roma… “
“Ahò e pure io a fine de mi padre mica a voglio fa… s’arriva a stento a fine mese. A gennaio s’è rotta a lavatrice e un ve dico, na tragedia per cambiarla” .
“Beh ragazzi però da quel che dite mi sembra che i vostri padri lavorino duramente e che con dignità portino a casa uno stipendio. Non è mica semplice tirare avanti una famiglia. Non è il solito discorso da vecchio ma vogliategli bene, aiutateli e capiteli che un giorno potreste essere voi nella loro situazione”.
“Eh me sa…”
“Oh però ora non vi intristite. Daje che v’offro un caffé, na cioccolata calda se vi va”.
“Grazie sì” hanno risposto addirittura con entusiasmo.
* * *
Poi succede che ogni tanto li incontro per strada e non mancano mai di fermarsi a salutare e fare quattro passi con me.
Mi raccontano brevemente della scuola, della famiglia, insomma mi tengono aggiornato sulla loro vita.
E, incredibile, Mario ha preso sei in storia. Dice che in classe è scoppiato un applauso tale che gli è venuta voglia di ripetersi e che quando in matematica ha preso cinque e mezzo manca poco che gli venivano i lucciconi. Alfredo no, più coerentemente procede coi quattro, ma non perché non ci metta la buona volontà, e che è proprio un po’ capra.
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