Un ristorante coltivato
Vittorio Simonelli, dicembre 2024
Sei in un ristorante cinese aperto da poco, chiamato “Gran Wuxia”, che è stato negli scorsi mesi sulla (e nella) bocca di tutti i tuoi conoscenti per la qualità del cibo e l’offerta assai ampia e non banale.
Inizialmente eri riluttante a provarlo, viste le tante delusioni passate, ma alla fine hai ceduto e hai prenotato un tavolo in un giorno in cui sapevi che l’indomani non avresti avuto niente di importante da fare.
Vieni accolto da un cameriere pelato. Non sai come mai, ma la sua tonaca arancione indossata sopra una canottiera bianca e una spilla bronzea con ideogrammi cinesi sopra assieme ti fanno sentire un po’ a disagio. Il fatto poi che, quando lui indica il tavolo, tu senti le tue gambe trascinarti fin là come se fossero estranee a te non ti tranquillizza poi molto.
Ma insisti, e ti siedi lo stesso, aspettando che uno fra il cameriere calvo che fa il semaforo umano in silenzio ed eppure dirige alla perfezione le persone ai tavoli, la cameriera in qipao verde fosforescente che sembra camminare in modo stranamente veloce e lancia i piatti sui tavoli con spaventosa precisione, e un cameriere con un parrucchino biondo a spunzoni che sembra riuscire a scrivere ordini più veloce di quanto possa percepire l’occhio umano su un taccuino fumante, decida di passare dal tuo tavolo per prendere gli ordini.
Nel mentre che aspetti, come è tuo solito, guardi l’apparecchiatura; vedendo che hai delle bacchette di metallo, decidi di prenderne una… e scopri che è pesantissima. No, non è decisamente fatta di alluminio o acciaio e, guardando un po’ meglio, vedi che, tra le intricatissime decorazioni sulla bacchetta stessa, tali da fare invidia ad una chiesa barocca a Roma, c’è un piccolo riguardo circondato da dragoni che in alto reca la scritta “讀書的傻瓜”, e in basso “PB 82”.
Preoccupato da questa scelta bislacca, decidi che sarebbe saggio non prendere cibi troppo acidi e di non battere l bacchetta sul bicchiere.
Non appena finisci di elaborare questo pensiero, la cameriera in quipao s’avvicina a te, e, così facendo, senti prima una goccia di sangue colare dal tuo naso e poi una sensazione sia di fame atavica, sia di portafoglio vuoto.
“La avviso che, in quanto il suo livello è di gweilo impreparato, non potrò servirle i piatti che vanno dal numero cinquanta al numero centotto-bis,” dice lei, consegnando a te un menù che, a giudicare dalla copertina dorata con sopra incisi ideogrammi a te ignoti e vari simboli animali sovrapposti in modo sinuoso (nonché dal suo spessore), avresti detto fosse in realtà un libro sacro.
Ignorando il significato delle sue parole, sia perché stai perdendo la ragione a causa di quell’improvvisa fame sia perché non hai capito poi bene che cosa intendeva lei dire, lo apri di scatto; vedi al numero otto un qualcosa chiamato “uovo centenario”, e, grugnendo, ordini quello più un piatto di maiale alla salsa d’ostriche.
La cameriera sparisce dalla tua vista in un battito di ciglia; ma fai le spallucce.
L’odore che si sente in tutta la sala è un misto tra quello della salsa di soia e quello del cavolo lesso, per qualche motivo, con ogni tanto una zaffata di incenso che parte dalla cucina e si spande per tutta la sala, tra finti incensieri di pietra verde e qualche statuetta di porcellana a forma di leoncane d’un bianco accecante, e tra i tavoli gremiti sia di persone, sia di piatti vuoti e pieni. A momenti ti senti entrare nel ritmo e nel contesto di tutta la situazione.
E poi, all’improvviso, senza preavviso, sopra la tua tovaglietta ricamata e il tuo classico piattino in ceramica blu, ti si para davanti una ciotola di bronzo: dentro c’è un liquido giallo maleodorante di ammoniaca, dove galleggiano quattro gambi di sedano imperiosi, i quali a loro volta circondano un uovo nerastro che stai in piedi sul fondo della ciotola.
Fissi turbato la ciotola: neanche la rosticceria laotiana a Parigi, quella dove subisti un’intossicazione alimentare che ti rovinò tutta la vacanza, aveva servito piatti dall’aspetto così rivoltante. La tua perplessità è aumentata quando, di nuovo senza accorgertene, a lato della ciotola compare sia una sfera perfetta di riso al vapore poggiata precariamente su un piattino, sia un vassoio di metallo foderato con foglie di bambù su cui sopra giacciono grandi pezzi di carne e di cipolla bagnati e ricoperti da una salsa scura e viscida, ma dall’odore assai invitante.
No, non poteva essere un problema della cucina.
Inizi prendendoti un paio di bocconi di maiale e cipolla, e li trovi divini. Ma, prima che tu possa procedere a prendere il terzo boccone, succede una cosa incredibile…
Con un suono di risucchio bagnato, il brodo nella ciotola sparisce e l’uovo incomincia a brillare. Te e tutti i presenti fissano con sbalordimento l’evento in corso.
Un cric, un crac; e l’uovo si schiude. O meglio, esplode come una specie di granata biologica, spargendo cocci di guscio ovunque e ferendo diversi avventori, lasciando dietro una specie di omuncolo senza occhi dalla pelle marrone come il cuoio bagnato e con i capelli giallo paglierino, che cinque secondi dopo essere nato si mettere a fare una danza con le gambe e con le mani che non hai altro modo di descrivere se non come “la danza dello sfottò per antonomasia”.
E tu, ovviamente perplesso, guardi impietrito questo essere nato da un uovo che – sempre danzando – riesce ad uscire dalla ciotola. Non appena i suoi piedi toccano la tovaglia, comincia a cantare (stonato) Wo ai Beijing Tiananmen, facendo delle pernacchie ogni volta che ripete il ritornello.
I tuoi occhi, e quelli dei clienti, seguono i suoi movimenti sgraziati e innatamente fastidiosi mentre sembra avviarsi verso l’uscita, con i camerieri che all’improvviso sembrano essere scomparsi in cucina.
Poco dopo, c’è un boato forte che viene da dietro la boiserie intagliata in stile Ming, poi c’è un terremoto che fa crollare il tetto e uccide metà dei presenti, e infine, ormai rifugiatoti sotto il tavolo, senti delle parole pronunciate con un forte accento cinese..
“Brutti imbecilli livello huā pén culinari, avete servito il mio uovo verginello millenario a un cliente, e avete dato A ME un volagarissimo inutilissimo uovo centenario! Dentro quell’uovo c’era un omuncolo potente livello tiě chúshī ambra! Nu Wa impestata grave, ma lo sapete quanto cazzo di tempo mi c’è voluto per trovarlo?! IO VI AMMAZZO!”
Quando pronuncia quesa frase, senti un cupo potere opprimerti il cuore. E sei uno dei fortunati, perché alle persone vicine alla cucina esplode la testa.
Superando la paura delle conseguenze se non pagi, ti alzi in fretta e furia, correndo verso l’uscita, giusto in tempo prima che la boiserie venga divelta da un’esplosione, e un anziano nerboruto levitante sopra il pavimento compaia mentre strangola con una mano il cameriere con la tonaca arancione, in quale ha un’espressione in volto da persona con un prurito al piede che non può grattare, invece di uno strangolato, mentre gli altri due camerieri stanno formando nelle mani delle sfere di luce bianca.
Seguito a breve dagli altri clienti nello scappare, mentre accendi la macchina giuri di non accettare mai più i suggerimenti dei tuoi amici in termini di ristoranti.
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