Filippo

Giuseppe Pugliese, gennaio 2025

Si immerge con un gran tuffo scomposto con schizzi d’acqua che si propagano a bordo piscina che è una meraviglia. Ne prende pieno possesso ed inizia a cantare a ballare a fare versi al ritmo della canzone che sta passando la radio del bar perennemente accesa a volume alto perché fa allegria. Onestamente per i primi dieci minuti è anche simpatico nel suo modo di fare, però poi non smette, anzi. I genitori si accorgono della sua invadenza e dello sbuffare degli altri ospiti e provano a rabbonirlo. Ma con scarsi risultati. Si acquieta due minuti e poi ricomincia punto e da capo. Non si placa ma poverino non è colpa sua. Quando comprendi che ha qualche problema non puoi che compatirlo e prenderlo a cuore. Così mi ritrovo a giocare a pallavolo in acqua con lui e a farmi sgridare dal bagnino che no, non si può! La colpa è solo mia gli assicuro e dobbiamo smettere e così mi separo da lui e cerco, egoisticamente, di riprendere la lettura del mio libro. Il pomeriggio seguente si riparte allo stesso modo. Percepisco nello sguardo dei suoi genitori un certo imbarazzo nei confronti degli altri. Salutano tutti quasi a scusarsi, ma che colpa ne hanno loro? Il destino cinico e baro potrebbe aver colpito chiunque di noi che siamo inequivocabilmente felici di averla scampata e rispondiamo sorridendo, con aria comprensiva. Dopo cena me lo ritrovo davanti saltellante, sprizzante energia da tutti i pori. I suoi invece sono stanchi, stravaccati su uno dei divani a dondolo disseminati nel piccolo giardino dell’hotel. Lui vuole andare alle giostrine e loro cercano di dissuaderlo. Mi offro volontario. Si scherniscono, dicono ma no lasci stare grazie, ma si vede che sarebbero sollevati di poter avere almeno mezz’ora di tregua. Dichiaro a moglie e figlia le mie intenzioni ed entrambe sono felici di liberarsi di me, vero unico ostacolo al loro desiderio compulsivo di shopping.

E andiamo.

In effetti è stancante stargli dietro, cambia continuamente idea e desideri però alla fine ci divertiamo parecchio. Gli compro anche lo zucchero filato a patto che poi si torni in albergo. Accetta entusiasta e la chiudiamo lì.

Ovviamente ho fatto la mia… ora non me lo levo di torno più neanche per un minuto. Però piccino, mi fa una tale tenerezza che mi ci applico e tutto sommato mi aiuta pure a passare queste giornate di sole caldissimo che non amo affatto.

Una sera poi con noi viene anche mia figlia, quasi risentita delle attenzioni che io dedico a Filippo. “Ma se non mi calcoli manco di striscio tu e quel cacchio di telefonino che hai sempre in mano…” le dico. E in fondo sono contento che si sia quasi ingelosita, così per una volta stiamo davvero insieme. E mentre moglie/madre preferisce restarsene in pace a giocare a burraco noi tre ci scateniamo.

I calcinculo, il tunnel degli orrori, il tagadà che un altro minuto e vomito, l’autoscontro che non ricordo quanti anni erano che non ci salivo.

Rientriamo sudati e esausti. Filippo crolla letteralmente in braccio alla mamma.

Poi due giorni dopo è tempo di partenza. Già il rientro è triste normalmente ma così… purtroppo abitiamo davvero distanti per cui promettersi di rivedersi è una utopia. La prossima estate, forse.

Così dopo colazione ci salutiamo e ci resto anche un po’ male perché lui sembra quasi essere indifferente alla cosa.

Ma è un attimo. Stanno già andando verso l’auto quando si stacca dalla mano del padre e mi corre incontro, mi salta addosso e mi abbraccia. Poi mi ruba il cappellino e scappa via. “Furfante!” gli grido e faccio finta di inseguirlo mentre lui, beatamente, se la ride.

Immagine di freepik</a>

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